Se questa è l'ora di Maria è senza dubbio
anche l'ora di Giuseppe.
Non si può separare Giuseppe da Maria, come
non si può separare Maria da Gesù.
Questo è l'ordine meraviglioso, il
procedimento perfetto del piano divino della Redenzione: da
Giuseppe si va a Maria; da Maria a Gesù; da Gesù al Padre.
Dalla penombra del nascondimento silenzioso
di San Giuseppe al candore abbagliante della Vergine Madre; dal
mistero della Croce agli splendori del Padre.
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Desideriamo ardentemente di dedicare un
Altare a San Giuseppe nella chiesa parrocchiale. È un cardine, che
ancora manca, alla solidità della Reggia di Dio. La pietra d'angolo
giace nascosta sotto l'altare maggiore, o poco più a destra sotto
le fondamenta. Gli altri cardini sono: l'altare della Divina
Maternità, il Battistero ed il Confermatorio, opere stupende, che i
nostri occhi non sono ancora sazi di osservare.
Ora, però, tutti i nostri sforzi (la mia
debolezza e la vostra carità) devono tendere, e ciò per desiderio
esplicito dell'Ecc.mo Vescovo, al Patronato "Gaudete", a tutto il
complesso, cioè, delle Opere parrocchiali, che renderanno più
efficiente il nostro ministero sacerdotale e la vita cristiana
della Comunità. Una deroga al desiderio di Sua Eccellenza si
potrebbe avere soltanto per un atto munifico d'un insigne
benefattore, che elargisse la somma necessaria alla costruzione
dell'Altare, che abbiamo nell'animo di costruire.
Con il crisma dell'ubbidienza noi potremmo
veder così coronato il nostro desiderio.
Noi attendiamo, pregando, il segno della
celeste approvazione, nell'aprirsi graziosissimo d'una mano, che si
mostri trafitta dai chiodi della carità.
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Esponiamo umilmente le ragioni, che ci fanno
tanto bramare la nuova Cappella.
La potremo chiamare:
La cappella del conforto, o del Sacramento
dell'Estrema Unzione.
La cappella del silenzio.
La cappella in onore dell'Eterno
silenzio.
La cappella della Provvidenza.
La cappella dei Patroni e dei Santi.
La Cappella destinata ad onorare il
Sacramento dell'Estrema Unzione, nel ricordo del Transito
soavissimo di San Giuseppe. Così sospireremo di giungere anche noi
alla patria beata.
Nella Città di Dio, sette sono le sorgenti,
cui corrono i cittadini per dissetarsi. Così l'ha veduta e
descritta colui, che aveva gli occhi verginali, e che, prima di
scrivere, intingeva la penna nel sangue dell'Agnello, sul cui
cuore, nella Cena della Passione, aveva riposato. È una città tutta
irrigata, sommersa e letificata dall'impeto delle molte acque.
Osserva, ora, la tua chiesa.
La senti, le vedi tu queste sette
sorgenti?
Sono sorgenti di sangue e non d'acqua!
Accostati al Battistero, al Confermatorio, al
Tabernacolo, al Confessionale, alla Cappella di San Giuseppe,
all'Altare maggiore, alla Cappella della Divina Maternità. Ti ho
richiamato, nell'ordine del Catechismo, i Sacramenti della vita
cristiana.
Veramente, nella Cappella di San Giuseppe, tu
non trovi che una polla d'acqua.
Daremo alla Cappella un'intonazione di
serenità, quale si addice al Sacramento del conforto e non della
paura; a quello, che è come l'ultimo ritocco della grazia, perché
Gesù trasparisca tutto in noi, sulle soglie della visione
beatifica. Ci soccorra, in quell'incontro, la protezione di Colui,
che nella Cappella avrà il posto d'onore.
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La Cappella del silenzio.
Il silenzio è cosa sacra e non è da
confondere affatto con il mutismo.
Ne è, anzi, tanto superiore, quanto, ad
esempio, la povertà è superiore alla miseria, o il timore alla
paura.
Silenzio, povertà e timore sono termini di
ricchezza interiore; mutismo, miseria e paura rivelano una
insufficienza spirituale.
Con la nuova Cappella noi intendiamo onorare
il silenzio di San Giuseppe ed il silenzio di Nazareth.
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La Cappella in onore dell'eterno
silenzio.
Il nostro tempo è stato definito: una sintesi
di rumori.
Mentre non vi può essere vita spirituale, né
fecondità di opere nell'apostolato, se tutto non si elabora, prima,
nella fucina del divino silenzio.
Nel silenzio della Santa Trinità: a quo, per
quem, in quo omnia.
Leggi queste considerazioni, tratte da un
libro abbastanza recente (in nota: Bevilacqua: Equivoci).
«L'eroismo esiste dove non si scopre e quando
non se ne parla».
«Si è chiamata vita intensa non la vitalità
dell'essere, ma l'esasperazione dell'emotività che illude, che
impoverisce, che è depredatrice e non moltiplicatrice di gioia. Si
è chiamato progresso un furore di produzione e di
legiferazione.
Quante illusioni e quante menzogne!
La forza muscolare che manda in visibilio le
folle nelle gare atletiche è la parodia dell'energia; la tecnica è
un surrogato bastardo dell'ordine e dell'armonia. Il dominio della
natura è un tentatore diversivo alla mancanza del dominio su di
noi. Siamo dunque artigiani anziché artisti, paralizzatori invece
che disciplinatori, poveri artefici al posto di creatori;
valorizzatori invece che dispensatori degli insostituibili valori
cristiani».
Il furore è tale, da trascinare nei suoi
vortici anche gli eletti, se il Signore non tenesse ben pressata la
sua mano sul loro capo.
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La Cappella della Divina Provvidenza.
Desideriamo la nuova Cappella per aprirvi
quasi una succursale della Banca celeste, un recapito della Divina
Provvidenza. Titolare e cassiere: San Giuseppe.
Qui entra un po' in campo l'interesse, ma
all'ultimo posto.
La nostra fiducia è nella grazia della carità
e nella fede degli umili.
Ci preme che ogni opera porti il sigillo di
Dio.
Se così non fosse, ci auguriamo di cuore, che
tutto sia ridotto, in questo stesso istante, in un mucchio di
polvere.
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La Cappella dei Patroni e dei Santi.
Desideriamo giustificarci con coloro, che ci
accusano d'una certa mania iconoclasta, quasi non volessimo saperne
di Santi, né delle loro immagini.
Il posto d'onore in Cappella è riservato a
San Giuseppe, che avrà alla destra San Luigi, Patrono della
gioventù maschile, alla sinistra S. Agnese, patrona della gioventù
femminile.
Essi si incontreranno con Stefano, Cecilia e
Giorgio ospiti del Confermatorio. Più tardi ne scenderanno altri,
non ad ingombrare le pareti, ma sulle vetrate, per lasciare meglio
intravvedere il Cielo.
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Questo è il sogno!
Correndo a cuore dilatato, potremmo vederlo
anche realizzato nella Notte Natalizia. Oppure rimandiamo al primo
Maggio dell'anno seguente, nella prima celebrazione liturgica in
onore di San Giuseppe Artigiano.
Ma senza voler forzare il piano divino.
Senza voler oltrepassare i sacri limiti
dell'ubbidienza.
Come piace alla Provvidenza.
Come piace anche alla nostra carità.
[…]
Don Luigi Bosio,
Andiamo a Giuseppe, «Cittadella Cristiana», Settembre
1955, Anno VI, N. 64.