OMELIE

Celebrazione Eucaristica della XIV Domenica del Tempo Ordinario (9.7.1989)

«Quanto a me non c’è altro vanto, se non della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale croce il mondo per me è come crocifisso e io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma l’essere nuove creature. E su quanti seguiranno questa norma, la pace e la misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri disturbi, perché porto le stigmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo è con il vostro spirito, fratelli. Amen».

Il profeta Isaia, contemplando il mistero della Passione del Signore, diceva: «Quis credidit auditui nostro?». Chi crede, chi crederà a quello che io sto dicendo nella profezia? «Non erat ei adspectus, non erat ei species, non erat ei decor». Non ha bellezza – è crocifisso! – non ha bellezza… Non ha decoro, senza dignità. Non si riconosce come uomo. Un derelitto, dice il Profeta, quasi un trovatello. Povero Signore! Un orfano! Uno scandalo! Una follia… Lui, la potenza di Dio e la sapienza di Dio! Chi crederà? Voi gli dite grazie, in un pianto di gaudio, al Signore!

Ma si può anche oggi annunciare a voce alta e a cuore libero una vita, un proclama di vita così austero? Un proclama, una vita così seria, così austera? Si può? Quasi un bando di guerra. Una laude antica cantava così: «Chi vuol seguir la guerra e far del cielo acquisto, su, levisi da terra e venga a farsi cavalier di Cristo!». Un bando di guerra santa.

Diceva ancora, estatico e piangente, il profeta Isaia: «Brachium Domini cui revelatum est?». A chi sarà rivelato il braccio del Signore? «Brachium Domini». Quale braccio? La croce, le due braccia della croce, le braccia sue distese sulla croce: pietra angolare che raccoglie l’antico e il nuovo, la terra e il cielo. Dall’alto della croce, anche se in quel momento non pronunciava, dall’alto della croce, queste parole, ma in preparazione a quel mistero, quando Gesù diceva: «Siete stanchi? Siete afflitti? Venite a me. La mia croce, “iugum meum suave est et onus meum leve”, il mio giogo è soave e il mio peso è leggero». È la croce, ma è un giogo soave, è un peso leggero.

Agostino espone queste parole ai fedeli così, con una delicatezza materna: «Prendete un uccellino». Prenderò anch’io un passero, la rondine, l’allodola, un usignolo. E quando ho il passero tra le mie mani e cerca di tutto per sfuggirmi, gli dico: «Senti, uccellino, per il tuo bene adesso ti levo le penne e ti reciderò le ali. Che peso che sono per te! Meglio che tu ti liberi da questo peso, dalle ali e dalle penne!». Tolgo le penne, recido le ali. Lo posso incitare con una spinta al volo. «Cadet et iacet». Cade e giace a terra.

Con il peso, vola. Senza il peso, rimane a terra.

«Quanto a me, non c’è altro vanto, gloria, onore che la Croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale io sono crocifisso e tutti voi con me e con l’Apostolo. Il mondo è come crocifisso e io per il mondo. Non è infatti la circoncisione, questa o quella cosa senza di Lui; non è la circoncisione o la non circoncisione che conta, ma l’essere nuova creatura. E a quanti accoglieranno questa norma e la seguiranno, pace e misericordia sopra tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi non datemi più disturbi – l’Apostolo – porto, infatti, nel mio cuore le stigmate di Gesù. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo è con il vostro spirito, fratelli. Amen».

Sembra di sognare… È come un sussulto in un risveglio! Un risveglio… questo sogno, questa estasi davanti alle meraviglie e alle follie dell’amore divino.


Prima Lettura: Is 66,10-14c
Salmo: Sal 65
Seconda Lettura: Gal 6,14-18
Vangelo: Lc 10,1-12.17-20